Su Limina rivista ho scritto di Amalia Guglielminetti (1881-1941), grande poetessa e scrittrice dimenticata del nostro Novecento. Amalia lottò, mentre era in vita, con un mondo letterario fortemente maschilista e connotato, che tendeva a lasciarle poco spazio. Adesso, grazie a Gabriele Dadati e Papero Editore, cerchiamo di rimediare in parte all’oblio collettivo che l’ha inghiottita, facendole pagare l’essere stata donna, e la donna di uomini di cultura. Perché lei sapeva scrivere con ironia, disincanto e sensibilità di debolezze umane e ipocrisie sociali. Possedeva una leggerezza pensosa, quasi calviniana. Cent’anni fa sapeva raccontare di come le meschinità nascono dal dolore e che forse, prima che aggredite, andrebbero comprese: «Aveva l’istinto demolitore degli uomini lungamente amareggiati da una triste vita».
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