Qui in Lombardia la tragedia è epocale. Se n’è andata una generazione. Chi abita in provincia sa cosa significa. Vuol dire non incontrare più il tuo dirimpettaio, il farmacista storico, i fratelli benzinai, il bancario in pensione, l’ex fiorista, l’ex panettiera, l’ex gioielliere. Sfoltiti brutalmente i capannelli al sole della piazza, i giocatori del bridge, gli amici della bocciofila, i nonni stanchi nelle case di riposo. La memoria di una comunità, le radici brontolone, dolcissime e fondamentali di tante famiglie. Qui a Lodi, dove abito, il numero di decessi tra fine febbraio e metà aprile è aumentato del 261,5% rispetto allo stesso periodo nel 2019. Il forno crematorio è stato acceso dodici ore al giorno. Non c’era posto per tutte le salme e molte bare sono rimaste in una chiesa adiacente, in attesa. Nessuno a vegliarle.
Per me comincia a essere il tempo dei perché e della giustizia per questi morti. Quello dei lenzuoli colorati e delle canzoni alle finestre è finito da un pezzo.