“Le cose da salvare” è finalista al Premio Lugnano!
“Le cose da salvare” è finalista al Premio Lugnano!
Su Limina rivista ho scritto di Amalia Guglielminetti (1881-1941), grande poetessa e scrittrice dimenticata del nostro Novecento. Amalia lottò, mentre era in vita, con un mondo letterario fortemente maschilista e connotato, che tendeva a lasciarle poco spazio. Adesso, grazie a Gabriele Dadati e Papero Editore, cerchiamo di rimediare in parte all’oblio collettivo che l’ha inghiottita, facendole pagare l’essere stata donna, e la donna di uomini di cultura. Perché lei sapeva scrivere con ironia, disincanto e sensibilità di debolezze umane e ipocrisie sociali. Possedeva una leggerezza pensosa, quasi calviniana. Cent’anni fa sapeva raccontare di come le meschinità nascono dal dolore e che forse, prima che aggredite, andrebbero comprese: «Aveva l’istinto demolitore degli uomini lungamente amareggiati da una triste vita».
Potete leggere integralmente qui.
“Le cose da salvare” è finalista al Premio Salerno Libro d’Europa!
Sedersi per la prima volta al bar, da sola, a leggere. Fuori la piazza schiamazza, compra pollo arrosto e calze di cotone. Mascherine azzurre e un sole in aperto colloquio con la stagione, come se nulla fosse accaduto.
E Fenoglio inizia così: “Pioveva su tutte le langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra. La pietra gliel’avremmo messa più avanti, quando avessimo potuto tirare un po’ su la testa”.
Il 12 maggio ‘Le cose da salvare’ ha compiuto due mesi. L’ho potuto vedere coi miei occhi in una libreria solo lunedì. Il destino ha voluto che uscisse nel pieno della prima pandemia mondiale dopo cento anni. Ha voluto che fosse complicato acquistarlo e leggerlo, ha voluto che nemmeno oggi si possa cercare in una biblioteca, né raccontare ai lettori durante presentazioni, firmacopie, festival, fiere. È solo un libro, non si ammala, forse nemmeno muore, però è il lavoro di un anno e mezzo, mio e di tante altre persone, caduto nel tritacarne di una tragedia più grande di tutti. Ci sono giorni in cui ci penso con malinconia, e con una buona dose di rimpianto. Però, in qualche modo, questo piccolo libro travolto dal contagio ha fatto cose importanti. Si è trovato a sfondare la quarantena, viaggiando in mirabolanti staffette. Ha fatto compagnia a molti e a molti ha raccontato, tutto sommato, una storia di resistenza e ricostruzione: mi arrivano continuamente recensioni commosse, e ogni volta è una scossa di elettricità dentro il limbo. Mi ha fatto conoscere Francesco Pasquale e Benedetta Senin, dimostrazioni viventi che lavorare bene coi libri è intrinsecamente connesso a una non comune misura di profondità e gentilezza. Questo libro ha riacceso luci e progetti. Questo libro mi permette, oggi, di pagarmi affitto, cibo e bollette nonostante io, come tanti, sia a reddito zero da inizio marzo, e la cassa integrazione continui a non arrivare.
Il 12 maggio ha compiuto due mesi e siamo solo a inizio strada. Una bella salita, senza dubbio, quasi un’arrampicata verticale. Le coincidenze sono solo coincidenze, ma invisibili fili corrono tra le cose che avremmo voluto che fossero e quelle che effettivamente sono: mi concentro ogni giorno per vederli meglio, del resto quei fili da sempre li sanno i libri e gli scienziati e i vati appollaiati negli angoli della campagna, con un fiasco di rosso e il sole sulla faccia, che hanno molti più anni di me. A loro, oggi, ci auguro di tornare.