L’approssimativo

Cose che ha scritto Italo Calvino e che mi fanno dire ecco, così, esattamente così:

“Il diavolo oggi è l’approssimativo. Per diavolo intendo la negatività senza riscatto, da cui non può venire nessun bene. Nei discorsi approssimativi, nelle genericità, nell’imprecisione di pensiero e di linguaggio, specie se accompagnati da sicumera e petulanza, possiamo riconoscere il diavolo come nemico della chiarezza, sia interiore sia nei rapporti con gli altri, il diavolo come personificazione della mistificazione e dell’automistificazione. Dico l’approssimativo, non il complicato; quando le cose non sono semplici, non sono chiare, pretendere la chiarezza, la semplificazione a tutti i costi, è faciloneria, e proprio questa pretesa obbliga i discorsi a diventare generici, cioè menzogneri. Invece lo sforzo di cercare di pensare e d’esprimersi con la massima precisione possibile proprio di fronte alle cose più complesse è l’unico atteggiamento onesto e utile.”

(da Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società)

Aveva mai sentito Caio l’odore del pallone di cuoio?

Una delle cose più belle e incredibili l’ha scritta Lev Tolstoj e periodicamente torno a rileggerla, perché dentro c’è tutto, ecco, tutto ed esattamente come andrebbe detto. Viene da “La morte di Ivan Il’ic”, la mia è l’edizione Feltrinelli del 2014 curata da Paolo Nori.

“Ivan Il’ič vedeva che stava morendo, ed era in uno stato di permanente disperazione.

In fondo all’anima Ivan Il’ič sapeva che stava morendo, ma non solo non era abituato a una cosa del genere, proprio non la capiva, non riusciva in nessun modo a capirla.

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